Cari lettori,
Negli ultimi tempi, sui social si è accesa una polemica: secondo alcuni, i/le book influencers consigliano sempre gli stessi libri, parlando solo di titoli già noti o classici intramontabili ma già letti da tutti. Ma tutti chi? e poi, è davvero così?
A sollevare la questione è Gaia Lapasini che sul suo canale YouTube ha parlato dell'argomento in seguito a un commento ricevuto.
Partiamo dal concetto di social media. Io appartengo alla generazione dei Millennials, quella che i social li ha visti nascere. All’inizio, li percepivamo come luoghi virtuali in cui "incontrarsi" tra pari: amici, conoscenti e amici di amici. Erano spazi per condividere pensieri e interessi comuni, talvolta anche per interagire con completi sconosciuti grazie ai gruppi e alle pagine tematiche.
Noi Millennials provenivamo da una cultura digitale dominata da forum e chat, dove il totale anonimato era la norma: nicknames e avatar ci proteggevano dalle possibili insidie dell'altra parte dello schermo. Poi, con il tempo, i social si sono trasformati. Sono arrivate le star, i giornalisti, i politici, e quelle che erano piattaforme informali hanno iniziato a somigliare a uffici stampa. La chiarezza e l'autenticità sono diventate sempre più richieste: nome reale, foto autentiche, persino l’ipotesi di autenticazione tramite SPID (ma siamo sicuri di voler cedere tutte queste informazioni a privati di paesi stranieri e/o magari indirettamente ad aziende di marketing?).
Una riflessione sui rischi e le implicazioni di questa evoluzione meriterebbe un post a sé. Tuttavia, questa premessa mi sembra fondamentale per inquadrare l’ambiente di marketing e le figure che in esso prosperano: le influencer.
Ora è opportuno concentrarsi sul mondo dell'editoria online. Per quanto mi è dato sapere, esistono due principali approcci tra chi parla di libri sui social media.
Il primo gruppo è composto da persone, come me, che condividono la loro passione per i libri in modo spontaneo e disinteressato. Non ci sono collaborazioni o accordi con le case editrici: si parla di ciò che si legge per il puro piacere di farlo.
Il secondo gruppo è costituito da chi cerca di trasformare questa passione in un vero e proprio mestiere. Spesso queste persone contattano gli uffici stampa delle case editrici per richiedere copie omaggio in cambio di recensioni. Dato che il settore editoriale non offre molte opportunità economiche, molte di loro integrano questa attività collaborando con aziende di settori diversi, promuovendo articoli sportivi, candele, integratori o altri prodotti sponsorizzati.
Questo secondo gruppo, pur collaborando con le case editrici, mantiene generalmente onestà e trasparenza nei propri pareri. Tuttavia, è importante notare un aspetto strutturale del panorama editoriale italiano: il numero limitato di case editrici di grande rilievo.
Di conseguenza, i libri inviati a questi influencer tendono a essere le stesse 4 o 5 novità di punta lanciate ogni anno. Questo crea un effetto a catena nei contenuti online, con molti profili che parlano degli stessi titoli nello stesso periodo.
Per gli utenti, questa dinamica può avere due effetti opposti. Da un lato, può nascere una curiosità crescente e un desiderio di leggere quei libri di cui si parla tanto, creando una sorta di FOMO (fear of missing out). Dall’altro, alcuni possono provare un senso di stanchezza o repulsione verso quei titoli, percepiti come troppo “inflazionati” o imposti dalla ripetitività delle segnalazioni.
A questo primo gruppo di utenti si rivolge Martina di Ima Andthebooks, che invita i lettori a usare senso critico, intelligenza e istinto nelle proprie scelte di lettura. Martina sottolinea come sia importante ascoltare i propri bisogni per evitare di leggere libri solo perché "di moda", finendo con il dimenticarli rapidamente e non trarne alcun valore.
Il secondo gruppo, invece, è rappresentato da figure come Gaia, che ha vissuto l’aspetto opposto della questione. Come dicevo, la content creator ha ricevuto un commento polemico sulla ripetitività e banalità dei libri proposti online, quasi come se fossero i lettori stessi a voler imporre agli influencer cosa leggere e consigliare.
Questa percezione dell’influencer come una sorta di jukebox letterario, dove il pubblico si aspetta di dettare le letture, di poter avere contenuti sempre nuovi in base ai propri interessi e non di quelli del creator mi ha portato a riflettere su questo fenomeno.
1. Libertà di consigliare libri apprezzati
È naturale consigliare ciò che ci è piaciuto. Se un libro ci ha emozionato, fatto riflettere o anche semplicemente intrattenuto, perché non parlarne? L’amore per la lettura è profondamente soggettivo: ciò che una persona ama potrebbe non toccare le corde di un’altra, ma il cuore della questione non è “quale” libro viene consigliato, bensì il “perché”.
Un consiglio autentico nasce dalla passione e dall’entusiasmo di condividere un’esperienza di lettura personale. Non si tratta di imporre un titolo, ma di raccontare cosa ha significato per noi. E se è vero che talvolta i consigli si somigliano, non è forse perché ci sono libri che riescono a parlare a un pubblico molto ampio? Se un libro viene riproposto in più post o video, non è perché è stato genuinamente apprezzato?
2. Seguire il flusso della propria curiosità e interesse
Un’altra critica frequente riguarda il fatto che molte influencer leggano e recensiscano gli stessi libri, spesso quelli più popolari del momento. Ma non è forse naturale? I titoli che generano curiosità, che creano un “buzz”, attirano l’attenzione per una ragione. Ci chiediamo cosa li renda così discussi e, spinti da questa curiosità, vogliamo leggerli per formarci un’opinione.
Qui entra in gioco la capacità di distinguersi: leggere un libro noto e riuscire a proporne un punto di vista originale, diverso, è ciò che può fare la differenza tra un consiglio superficiale e uno che ispira davvero. La lettura è, in fondo, anche un dialogo: con il libro, con noi stessi e con gli altri.
3. Consigli più mirati? Affidati a librai e bibliotecari
Se però quello che cerchi è qualcosa di davvero unico, che risponda a una tua esigenza precisa o a un gusto particolare, forse i social non sono il posto migliore per trovarlo. Le influencer, per quanto appassionate e sincere, non possono conoscere ogni libro esistente o rispondere alle necessità di ogni singolo lettore.
In questi casi, le figure ideali sono i librai e i bibliotecari. Queste persone vivono immersi nel mondo dei libri, conoscono il catalogo e hanno la capacità di guidarti verso scoperte sorprendenti. Inoltre, il confronto diretto con loro è spesso un’esperienza arricchente: una vera e propria conversazione che può portare a consigliare letture che non avresti mai immaginato di voler affrontare.
Conseguenze sulla persona: il rapporto personale con i social e la lettura
Forse entra in gioco il mio modo di vivere i social e la lettura, ma trovo difficile considerare i bookinfluencer come delle "biblioteche umane" il cui unico scopo dovrebbe essere quello di proporre continuamente novità o titoli di nicchia, diversi da tutti gli altri. Questo approccio, oltre a mettere pressione su chi condivide le proprie letture, rischia di ignorare un fatto fondamentale: la lettura è un’esperienza personale e soggettiva.
Ci sono ottimi motivi per consigliare libri più "mainstream" o di cui parlano in tanti. Prima di tutto, non tutti abbiamo letto gli stessi libri: quello che per qualcuno è scontato, per qualcun altro può essere una scoperta. In secondo luogo, è importante promuovere anche i classici, opere che hanno segnato la storia della letteratura e che spesso continuano a parlare alle nuove generazioni. E se un libro crea curiosità, perché non consigliarlo?
La scelta di cosa leggere è profondamente personale. Ognuno legge ciò che gli pare, seguendo i propri gusti, bisogni e interessi. Non c'è nulla di sbagliato nel proporre libri che piacciono, che siano famosi o meno, né tantomeno nel leggere ciò che suscita la propria curiosità, anziché forzarsi a cercare titoli di nicchia solo per sorprendere i follower ma che sono lontani dai propri gusti. La lettura non dovrebbe mai diventare una gara di originalità, ma rimanere un piacere da condividere.
Il quesito etico: tra passione e professionalità
Quando si parla di affiliazioni e collaborazioni, emergono inevitabilmente delle questioni etiche. Se un influencer riceve un compenso – che sia in denaro o sotto forma di prodotti – questo compromette la sincerità dei suoi consigli? Le sue opinioni diventano simili a una telepromozione?
Da una parte, c’è chi vede nella collaborazione un rischio: quello di assoggettarsi ai desideri del pubblico o alle richieste delle case editrici, limitando la spontaneità e l’onestà che dovrebbero caratterizzare i consigli di lettura. Dall’altra, c’è chi considera il lavoro di influencer una vera e propria professione, con le stesse dinamiche di qualsiasi altro mestiere. In questo caso, ricevere un compenso per il tempo e l’impegno dedicati alla creazione di contenuti non solo è legittimo, ma anche necessario per garantire una continuità.
La distinzione tra chi svolge questa attività gratuitamente e chi invece viene retribuito non è necessariamente una misura di valore o di onestà. La trasparenza, tuttavia, diventa cruciale: dichiarare chiaramente quando una recensione nasce da una collaborazione permette di mantenere un rapporto di fiducia con il pubblico.
In fondo, la domanda più complessa rimane: essere un influencer è un lavoro? Per molti, sì. E come ogni lavoro, comporta responsabilità verso il pubblico, ma non per questo deve perdere autenticità o passione. La chiave sta nell’equilibrio: proporre contenuti che riflettano la propria identità, senza scendere a compromessi che snaturino il proprio approccio alla lettura.
Concludendo: il valore della lettura condivisa
In definitiva, il mondo dei bookinfluencer, con le sue dinamiche e sfumature, riflette la varietà delle esperienze di lettura. Non esiste un unico modo “giusto” di consigliare o parlare di libri: ogni approccio ha il suo pubblico, e il valore di un consiglio risiede nella passione e nella sincerità con cui viene dato.
Che si parli di classici intramontabili o di novità editoriali, ciò che conta è alimentare la curiosità, il dibattito e, soprattutto, il piacere della lettura. I social possono essere uno strumento straordinario per scoprire titoli che non avremmo mai incontrato, ma è importante ricordare che la lettura è un viaggio personale.
Come lettori, abbiamo la responsabilità – e il privilegio – di scegliere cosa leggere e perché farlo. Seguiamo i consigli che ci ispirano, ma fidiamoci anche del nostro istinto e delle nostre esigenze. Perché, alla fine, ogni libro ha il potenziale di arricchire il nostro mondo, a prescindere da chi ce lo ha suggerito.
Chiaramente siete tutti invitati non solo a condividere il vostro parere ma anche di segnalarmi eventuali vostri post/video in cui parlate di questi argomenti.
I.
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