Edith Wharton
L’età
dell’innocenza (1920)
A
cura di Sara
Antonelli
– Feltrinelli, 378
pagine
ascoltato in audiolibro su YouTube letto da Chiara Foianesi
⭐️ 3/5
Edith Wharton (1862–1937), nata a New York in una famiglia aristocratica, visse tra gli Stati Uniti e la Francia. Dopo un matrimonio infelice con Edward Wharton e un divorzio, si trasferì definitivamente in Europa. Prima donna a vincere il Premio Pulitzer per la narrativa nel 1921, ha pubblicato oltre quaranta opere tra romanzi, racconti, saggi e libri di viaggio.
📚 Wharton stessa rimase sorpresa dal premio, che spesso premiava opere più patriottiche o conservatrici.
Wharton fu amica e corrispondente di Henry James, maestro del romanzo psicologico. Entrambi scrissero di classi alte e dei loro codici, ma Wharton lo fece con uno sguardo più femminile e tagliente.
Aveva una passione per l’architettura e l’interior design. Collaborò alla progettazione della sua villa The Mount nel Massachusetts e scrisse anche un libro su design e decorazione: The Decoration of Houses (1897).
Durante la Prima guerra mondiale, si trovava in Francia e partecipò attivamente agli aiuti umanitari. Scrisse articoli e report come inviata, visitando il fronte e gli ospedali: fu anche insignita della Legion d’Onore.
Sebbene appartenesse alla stessa élite sociale che criticava, Wharton fu una cronista spietata del suo mondo, con lucidità e ironia raramente viste in autrici del suo tempo.
Parlava correntemente francese, italiano e tedesco, e pubblicò più di 40 volumi tra romanzi, racconti, poesie, saggi, libri di viaggio. Ethan Frome e La casa della gioia sono altri due suoi titoli celebri.
L’età dell’innocenza
Newland Archer, giovane avvocato della buona società newyorkese, sta per fidanzarsi con la dolce e convenzionale May Welland. Ma l’arrivo della contessa Ellen Olenska – affascinante cugina di May, tornata dall’Europa dopo una scandalosa separazione – mette in crisi le sue certezze. Mentre Ellen si scontra con l’ipocrisia dell’alta società, Newland si ritrova diviso tra il dovere e il desiderio, in una New York che preferisce il decoro alla verità.
📚 Anche se ambientato negli anni 1870, Wharton lo scrive nel pieno degli anni '20 del Novecento. L’opera è un ritratto nostalgico e critico di un mondo che non esiste più: la New York della sua giovinezza, aristocratica e ipocrita.
Il grande teatro dell’apparenza
L’età dell’innocenza è un romanzo che si muove sottovoce, ma che lascia un’eco profonda. Edith Wharton ci conduce nella New York dell’alta società ottocentesca, un mondo ovattato dove ogni gesto è misurato, ogni parola pesata, e dove l’eleganza non è solo una questione di abiti, ma di autocensura e rigidità morale.
Non vi era [...] alcun motivo che il giovanotto arrivasse tardi a teatro, ma New York era una metropoli, e chi non sa che nelle metropoli non è elegante arrivare presto all’Opera? Una volta stabilito che una cosa era elegante o che non lo era, nella New York di Newland Archer essa assumeva una importanza pari a quella degli oscuri tabù che avevano guidato i destini dei suoi antenati migliaia di anni fa.
In questo ambiente statico, il protagonista, Newland Archer, appare all’inizio come un uomo soddisfatto del suo ruolo: elegante, brillante, rispettato, promesso sposo di una giovane "perfetta". Ma è proprio questa perfezione a inquietarlo quando, quasi per contrasto, irrompe nella sua vita la figura della contessa Ellen Olenska, cugina della fidanzata e incarnazione vivente di un’altra possibilità.
Ellen è tutto ciò che May non è. Dove May è composta, Ellen è spontanea. Dove May obbedisce, Ellen decide. La sua presenza mette in crisi non solo il cuore di Newland, ma anche il suo modo di vedere il mondo. Grazie a lei, comincia a notare le crepe in quella società così attenta alla forma, ma così crudele nella sostanza.
Ellen, la voce fuori campo
Ellen Olenska è una figura che brilla per contrasto. Non è un’eroina romantica in senso classico, ma una donna che ha conosciuto la sofferenza, la vergogna pubblica, la solitudine. Tornata a New York dopo aver lasciato un marito crudele, viene accolta dalla famiglia con ambivalenza: tollerata ma non pienamente reintegrata.
Era molto noioso che il palco che monopolizzava così l’attenzione del mondo maschile newyorchese fosse proprio quello dove sedeva, tra la madre e la zia, la sua fidanzata, e per qualche istante egli non si rese conto chi fosse la signora dal vestito stile impero, né riuscì a capire perché la sua presenza creasse tanta sensazione tra gli iniziati. Ma d’un tratto si fece luce nel suo cervello ed egli si sentì per un attimo molto indignato. No, davvero, era incredibile che i Mingott cercassero di rimetterla in circolazione nella società newyorchese.
Eppure Ellen non è una vittima. È una donna lucida, capace di amare profondamente, ma anche di rinunciare. È lei, non Newland, a rifiutare il loro amore quando capisce che significherebbe spezzare un equilibrio – per quanto falso – che sostiene l’intera impalcatura familiare.
La sua scelta di andarsene non è fuga: è un atto di profonda responsabilità. Ellen è forse l’unico personaggio a vivere secondo coscienza, e non secondo copione.
Il titolo L’età dell’innocenza è fortemente ironico: ciò che viene celebrato come "innocenza" è in realtà una società ipocrita e repressiva, dove la forma conta più della sostanza e i sentimenti sono sacrificati al decoro.
Il vero antagonista non è un personaggio, ma un’intera società: quella che preferisce il silenzio al confronto, la forma alla sostanza, la stabilità al rischio. E proprio per questo, la storia si trasforma in una tragedia senza urla: non c’è scandalo, né rottura violenta, ma una serie di scelte silenziose, fatte per dovere, per dignità o per paura.
In questo mondo, persino un sentimento autentico come l’amore tra Newland ed Ellen finisce per diventare una memoria, una possibilità mai realizzata. L’ultima scena – Newland a Parigi, incapace di salire le scale per incontrarla – suggella la più grande rinuncia della sua vita. E lo fa con pudore, come tutto in questo romanzo sussurrato e implacabile.
📖
Un
grande romanzo americano
Leggendo
L’età
dell’innocenza
non si ha solo l’impressione di immergersi in una storia d’amore
trattenuta e dolorosa, ma di assistere a un grande affresco morale di
un’intera epoca.
Come Il
Grande Gatsby,
anche questo romanzo racconta una società che danza sull’orlo del
vuoto, dove l’apparenza è più importante della verità, e l’amore
si spegne sotto il peso delle convenzioni.
Come in Revolutionary
Road,
Edith Wharton scava sotto la superficie lucida della vita borghese
per mostrarne le crepe, l’ipocrisia, il sacrificio silenzioso dei
desideri. Ma a differenza di Richard Yates o Fitzgerald, lo fa con
una prosa sottile, elegante, quasi chirurgica.
In fondo, L’età dell’innocenza parla anche di noi. Delle scelte che non abbiamo fatto, dei treni che abbiamo lasciato partire, delle scale che – come Newland – non abbiamo avuto il coraggio di salire.
Forse
noterete una discrepanza tra queste parole e il voto che gli ho
assegnato.
Credo di aver dato 3 stelle a caldo, subito dopo
averlo ascoltato: il tono trattenuto, malinconico, a tratti amaro, mi
aveva lasciata più turbata che coinvolta.
Ma oggi, a distanza
di tempo, riconosco in L’età
dell’innocenza
tutta la grandezza di un romanzo che non si fa amare subito, ma si fa
ricordare a lungo.
E forse è questo che conta di più.
L’età
dell’innocenza
è un capolavoro che resiste al tempo.
Uno di quei romanzi che
ti rimangono addosso.
Da
leggere, senza dubbio.
✨ Consigliatissimo a chi ama i grandi romanzi americani, le storie d’amore struggenti e la scrittura sottile che scava nei sentimenti senza mai alzare la voce.
E
voi? Avete mai letto un libro che racconta un amore impossibile?
Vi
è mai capitato, come a Newland, di restare fermi davanti a una scala
che avrebbe potuto cambiare tutto?
Raccontatemelo nei commenti: sono curiosa di sapere cosa vi ha lasciato L’età dell’innocenza, o se avete altri romanzi da consigliarmi su questo tema.
Buone
letture,
a presto,
I.
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