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La follia nei romanzi - 9 consigli di lettura

 


Esplorando il tema del doppio con le mie letture (qui il post dedicato dello scorso anno), ho notato che spesso si mescola a quello più ampio della follia. Ma cos’è la follia? E come viene esplorato il tema nella letteratura?

Intanto, parliamoci chiaro: follia è un termine generico e ormai obsoleto per parlare di disturbi mentali. Oggi fortunatamente disponiamo di un linguaggio più preciso e di una sensibilità diversa, che permette di affrontare questi temi con meno paura e più consapevolezza, man mano che informazione e discussione fanno cadere i tabù.
Quello che mi interessa in questo post, però, è guardare indietro: tornare a quando pregiudizio e ignoranza, ma anche curiosità e timore, dominavano la società e si riflettevano nelle storie. In quel contesto, la cosiddetta “follia” era spesso rappresentata come mistero, deviazione, a volte perfino come attrazione irresistibile.

È il caso dei nove titoli che ho pensato di proporvi come letture ottobrine.

La follia come passione e ossessione

L’amore può trasformarsi in un sentimento malato, che travolge e distrugge chi ne rimane prigioniero. 


In Follia di Patrick McGrath la vicenda nasce dall’incontro proibito tra Stella, moglie di un direttore di manicomio criminale, e Edgar, un paziente internato per uxoricidio. Quella che sembra attrazione irresistibile diventa presto ossessione cieca, capace di condurre la protagonista a perdere non solo il controllo della propria vita, ma anche la sua stessa identità.

Anche Cortesie per gli ospiti di Ian McEwan mette in scena una relazione pericolosa, seppur in modo diverso. Una giovane coppia in vacanza viene sedotta e intrappolata dall’ospitalità ambigua di due sconosciuti, Colin e Caroline. Qui la follia non prende la forma di un amore passionale, bensì di un potere sottile e manipolatorio che si nutre della fragilità psicologica altrui, fino a trascinare i protagonisti in un gioco di dominio e sottomissione.



Nel racconto Un pazzo? di Guy de Maupassant, la follia nasce dalla gelosia ossessiva: un uomo tormentato dall’amore non corrisposto arriva a nutrire odio perfino per il cavallo della donna amata e concepisce un piano di vendetta. In questo caso il sentimento si trasforma in un impulso irrazionale e crudele, che mostra il lato più cupo dell’ossessione amorosa.

In Cosmetica del nemico di Amélie Nothomb, la follia diventa strumento di dominio totale. Un uomo misterioso entra nella vita di un dirigente e della sua famiglia, mettendo in scena un dialogo disturbante che culmina con l’omicidio della moglie. Qui l’ossessione è al contempo mentale e pratica: la follia si manifesta come controllo assoluto sugli altri, trasmettendo paura e destabilizzazione.



In tutti questi testi il confine tra desiderio e distruzione si rivela labile: in McGrath la follia divora la razionalità, in McEwan svela il lato oscuro dei rapporti umani, in Maupassant è la gelosia a degenerare in odio, in Nothomb è il desiderio di potere a diventare azione distruttiva. In comune hanno la riflessione sulla vulnerabilità delle persone quando vengono catturate da forze più grandi di loro: passione incontrollabile, attrazione per il pericolo o bisogno di annullarsi nell’altro.



Follia e mistero

Quando la mente vacilla, realtà e immaginazione si confondono: non sappiamo più distinguere il vero dall’illusorio. È questa la cifra che accomuna tre romanzi molto diversi per epoca e stile, ma uniti dal gioco ambiguo tra psiche e mistero.



In L’isola della paura di Dennis Lehane (da cui è stato tratto il celebre film Shutter Island), due agenti federali vengono inviati in un manicomio criminale situato su un’isola remota per indagare sulla scomparsa di una paziente. Il protagonista, Teddy Daniels, si muove tra indizi ingannevoli, ambienti claustrofobici e figure ambigue, finché la sua stessa percezione della realtà non viene messa radicalmente in dubbio. Qui la follia si rivela un labirinto interiore, specchio deformante che porta al ribaltamento finale.

Con Il giro di vite di Henry James siamo invece nell’Ottocento e in un contesto gotico: una giovane istitutrice è convinta che la villa in cui lavora sia infestata da presenze spettrali che minacciano i bambini a lei affidati. Ma il lettore non ha mai la certezza che i fantasmi esistano davvero: potrebbero essere semplici proiezioni della sua mente instabile. La follia, in questo caso, coincide con l’ambiguità stessa del racconto, che non offre soluzioni definitive.



Anche La ragazza del treno di Paula Hawkins gioca con l’incertezza percettiva: Rachel, alcolizzata e segnata da un matrimonio fallito, osserva ogni giorno dal finestrino una coppia apparentemente perfetta, finché un crimine non sconvolge la sua routine. La sua memoria distorta e i vuoti dovuti all’alcol rendono però impossibile capire quanto ci sia di reale nei suoi ricordi e nelle sue accuse.



Se Lehane conduce dentro un enigma costruito come un thriller psicologico e James avvolge il lettore nell’indecidibile tra realtà e allucinazione, Hawkins mette in scena la fragilità di una narratrice inaffidabile, intrappolata nei meccanismi della sua stessa mente. In tutti e tre i casi, la follia diventa strumento narrativo: non tanto malattia da analizzare, quanto lente deformante che costringe il lettore a dubitare di tutto, persino della propria interpretazione.



Follia storica e sociale

La follia non è mai solo una questione individuale: è anche uno specchio della società, delle sue paure, dei suoi pregiudizi e delle sue contraddizioni.



In L’altra Grace di Margaret Atwood, ispirato a un fatto di cronaca dell’Ottocento canadese, la protagonista Grace Marks è accusata di un duplice omicidio. È davvero una criminale spietata o una vittima delle circostanze? La sua presunta follia diventa terreno di indagine per medici, giudici e giornalisti, ma anche strumento narrativo con cui l’autrice riflette sul ruolo della donna in una società che non lascia spazio alla sua voce. La verità rimane sospesa tra confessioni ambigue e manipolazioni altrui.

Con Memorie di un pazzo di Gogol’ ci spostiamo invece nella Russia zarista: il protagonista, un piccolo impiegato burocratico incapace di trovare un senso alla propria vita, scivola progressivamente in un delirio tragicomico. Crede di leggere lettere scritte da due cani e poi di essere diventato re di Spagna. La follia qui è raccontata con toni ironici e grotteschi, ma svela in filigrana il malessere di chi è schiacciato da una gerarchia opprimente e da un mondo alienante.



In entrambi i casi, la follia non è solo una condizione psicologica: diventa specchio di meccanismi sociali che giudicano, condannano o ridicolizzano, mostrando come il contesto collettivo possa nutrire e amplificare lo smarrimento individuale.



È facile notare come, in molte di queste storie, la follia coinvolga spesso una donna come oggetto o fulcro del racconto. Un’altra costante è l’incertezza del lettore di fronte a un narratore la cui salute mentale è messa in discussione, o che solo alla fine rivela la propria fragilità o follia.

Oggi il disagio mentale suscita meno paura e molti tabù sono caduti, ma il fascino dei temi affrontati e delle tecniche narrative utilizzate per creare tensione e mistero rendono eterni sia i romanzi classici sia quelli moderni.

Fatemi sapere se avete letto questi romanzi e quali titoli mi consigliereste per continuare la mia avventura nei meandri della psiche umana. 

Io vi auguro, come sempre e per sempre, buone letture

A presto,
I.



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